sabato 5 luglio 2008

Il Perconomio


Nel bagliore della luna spiegò le ali e spiccò il volo leggero, sfiorando il piccolo specchio d´acqua; con un guizzo fulmineo cambiò direzione, planando verso una scura apertura sulla parete rocciosa di un ripido colle. Dall´umido antro scaturiva un bagliore rossastro, vi si gettò, attirata inesorabilmente. Un gelido soffio lambiva le sue ali delicate mentre percorreva il cunicolo che si apriva di fronte a lei, sfiorando le pareti ricoperte di muschio viscido; la luce aumentava ma, d´un tratto, una gigantesca mano roteò davanti a lei, e con un gesto repentino pose fine ai sui brevi giorni.
“Stupidi insetti schifosi!”, sentenziò una voce stridula producendo tetri rimbombi. “Maledetto luogo melmoso”, concluse quasi sussurrando.
L´uomo riprese il suo cammino curvo, nonostante l´alta volta del cunicolo, verso il focolare del salone, dove lo attendeva impaziente. Nonostante tutto il potere e la ricchezza che gli aveva dato aveva sempre uno strano sentimento di rispetto e paura quando gli parlava; forse era il suo portamento orgoglioso, il suo sguardo imperioso, o la sua voce bassa e imperturbabile. Ma non lo avrebbe mai abbandonato, nella gloria come nella disgrazia.
Dopo qualche altro attimo, un arco intarsiato con figure grottesche gli aprì la vista della splendida sala ricolma in ogni dove di splendidi e scintillanti gioielli, lame dall´elsa finemente lavorata, gingilli di ogni tipo di rara bellezza; tutto l´ampio spazio era pervaso d´una soffice luce dorata, più intensa verso il centro dove, sul suo incredibile trono, il re in esilio si pasciava di tutte le sue ricchezze.
“Sei dunque giunto”; proclamò il monarca dagli occhi fiammeggianti. La sua voce rimbalzò lungo le lisce pareti, facendo tremolare le fiammelle degli infiniti lumi.
“Mio signore”; il piccolo uomo si prostrò davanti al suo re. “Purtroppo il mio cammino fu rallentato da una furiosa tempesta e così ho dovuto attardare la mia venuta.” La sua flebile voce sembrava arrivare al Signore da un abisso lontano.
“Sei uno stolto, Khjar!”, sussurrò il re, facendo tremare le pareti. “Se tardavi ancora avresti rivolto il tuo inutile discorrere ai vuoti muri!”. Le ultime parole suonarono realmente come un sussurro tenebroso, mostrando come gli anni gravassero pesantemente sulle sue poderose spalle. Khjar si avvicinò rapido, spargendo su un ampio tavolo numerose pergamene che portava con se; erano fittamente vergate da strani caratteri e rune e lo studioso prese ad esaminarle accuratamente, scrivendo appunti e note con la sua lunga piuma di Rasac.
Per lungo tempo Khjar studiò le carte con fare assorto fino a che non interruppe il suo studio, quando ormai all´esterno della reggia di pietra le tenebre erano profonde e le sfuggenti Valkrish saettavano fra gli arbusti in cerca di prede; prese tutte le pergamene ammucchiate sul tavolo e, dopo averle riposte in una grande libreria ricolma di tomi giganteschi e fogli vergati in strani linguaggi, prese ad armeggiare sopra un piccolo banco stuccato ricolmo di boccette d´ogni forma e dimensioni.
Gli occhi cisposi di Khjar erano ormai divenute due umide fessure rossastre, mentre il piano su cui lavorava divenne ben presto un guazzabuglio di fiale, fialette, boccette ricolme di liquidi dai colori e dall´odore poco invitanti. Il re, riverso sul suo trono, sonnecchiava nervoso, invaso da incubi premonitori. Sogni di ammonimento. Sogni che lo atterrivano e sembravano portatori di una morte improvvisa e terribile. D´improvviso si destò, ruggendo d´orrore dopo aver sentito come se fosse vera una spada acuminata che penetrava nel suo ventre fino a salire verso il cuore.
Con la mascella tremante e la lingua secca, ruotò la testa verso il suo fedele servitore, sperando che questi avesse concluso con i suoi intrugli, ma Khjar era ancora intento nel mescolare e rimescolare sconosciuti ingredienti che prelevava dalle sue sacche. Allora cercò nuovamente di riposare, temendo il ritorno delle visioni di morte.
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Oltre il dorato alone dei candelabri, oltre l´arco intarsiato, oltre il cunicolo gocciolante, fra la spessa coltre nebbiosa che lambiva i tronchi muschiosi immersi nel buio, una figura sferragliante percorreva un labile sentiero; guardingo, sussultando ad ogni movimento inatteso, il Portatore della Lama Sacra si avvicinava lento ma inesorabile, impaurito ma deciso, verso la dimora del Signore della Montagna.
D´un tratto l´esile figura d´una Valkhrish saettò da un cespuglio spinoso gettandosi sul possente guerriero che, con un gesto fulmineo, estrasse la spada in un turbinio di metallo sfavillante facendola roteare verso la bestia che terminò il suo guizzo in un gorgoglio sommesso.
“Sporco animale! Se non avessi lo stomaco ricolmo, ti avrei ucciso sbranandoti!”; la voce del cavaliere si diffuse soffocata dalla nebbia, fra il sottobosco. Per un istante le voci della foresta si zittirono per poi riprendere con vigore e con un tono stranamente minaccioso, almeno alle orecchie del guerriero. Il sussurro gracchiante dei piccoli Dalke dal ciuffo violaceo; il mormorio gutturale del pigro Targot; il frusciare lontano dei grandi Rasac dalle ali membranose; lo squittio di morte delle Valkhrish, dagli artigli acuminati e il borbottare sommesso ed indefinibile degli insetti dalle forme grottesche.
Ben presto i pesanti passi lo portarono di fronte ad un piccolo laghetto luminescente, che rifletteva tetramente la luce pallida della luna; lo specchio d´acqua era letteralmente invaso da piccole creature dalle ali delicate che roteavano l´una sull´altra come impazzite. Il guerriero si attardò per riempire la sua borraccia da una piccola polla che riforniva il laghetto, ma subito riprese il cammino, più deciso ora che aveva lasciato i rumori inquietanti della foresta alle sue spalle. Davanti a lui, finalmente, si stagliò l´alto colle; lo costeggiò per un lungo tratto. Si fermò presso un albero contorto appollaiato su uno sperone roccioso e tirò fuori una pergamena che controllò con attenzione. Alzò lo sguardo verso la parete della collina ed esaminò alcuni segni caratteristici che apparivano anche nella mappa vergata sulla pergamena. Poi, dopo pochi attimi, ripose la pergamena e si avviò deciso verso un anfratto che si rivelò l´entrata fiocamente illuminata di una galleria.
Con andamento sicuro vi penetrò; le pareti si aprivano e si chiudevano attorno a lui come un serpente viscido e sinuoso. Qua e la luminose ragnatele ospitavano sfortunati insetti che si contorcevano inutilmente cercando un´improbabile fuga. Finalmente, dopo un interminabile cammino, il guerriero poté scorgere lontano un arco scolpito i cui fianchi riportavano grottesche figure; oltre l´arco un bagliore dorato si diffondeva illuminando in modo inquietante il corridoio.
Finalmente Larsyen era giunto alla sua meta.
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“Arriva!”, affermò Khjar con voce tremolante, per poi riprendere convulsamente a mescolare le sue strane sostanze. Il re sembrava una maschera di impassibile pazienza, ma i suoi occhi brillavano di rabbia mista ad un terrore senza nome che gli rodeva l´animo.
“E´ quasi pronto.”, disse Khjar.
“Il Perconomio è quasi pronto.”, ripeté l´alchimista e le sue parole furono interrotte da uno sferragliare convulso che annunciò l´arrivo del guerriero del Nord.
Larsyen entrò a grandi passi nell´immenso salone, si fermò ed osservò con profondo rispetto il trono su cui era accovacciato il Re; un terrore sinuoso cresceva nel suo cuore, ma continuava a dirsi che non poteva nuocergli, non senza il prezioso intruglio.
Lentamente lo sguardo si posò verso il piccolo uomo ricurvo che armeggiava ancora con le sue boccette; l´orrore per la scoperta quasi lo sconvolse! Quindi la bufera indotta dalla strega non aveva fermato il viscido essere al servizio del Signore! Il terrore lo pervase, ma capì che il suo tempo era adesso, o mai più!
Con un balzo incredibile, nonostante il peso dell´armatura, si gettò verso la pila di tesori, arrampicandosi veloce ed urlando tutta la sua rabbia, con la magica spada sguainata verso il cuore del suo nemico. Il Re attese impassibile l´impatto. All´ultimo istante spiegò le enormi ali e, con un guizzo della sua coda bitorzoluta, spiccò un breve volteggio evitando d´un soffio la mortale lama del guerriero che quasi precipitò dal cumulo di gioielli.
Il Signore planò per un istante, poi si gettò con un ringhio pauroso verso l´uomo, spalancando le sue fauci poderose; nonostante la sua forza, a stento riuscì a controllare i suoi movimenti. Era stanco e vecchio. Il guerriero, piccolo e debole in confronto a lui, sembrava ora così terribile e mortale che il Re trattenne il fiato. Decise, troppo tardi, di deviare la sua carica, ma ormai la lama odiosa era su di lui. Con un gesto repentino, il guerriero colpì il lungo collo.
Per un istante calò un silenzio profondo ed il tempo si fermò. Le collane, gli anelli di prezioso metallo, i diademi, le gemme si colorarono tutti di rosso purpureo, il rosso colore del sangue del terribile Drago dalla vita lunga, dallo sguardo profondo e ricolmo di saggezza ed immensa conoscenza, dal corpo possente pieno delle infinite cicatrici delle battaglie e delle guerre vinte dal Signore della Montagna. Il Re invincibile stava per essere infine vinto!
Larsyen, con uno sguardo allucinato, si avvicinò al petto del drago per l´ultimo colpo che lo avrebbe proiettato fra i grandi uomini della storia; dopo anni di battaglie, di stenti, di sconfitte e di vittorie sembrava ormai giunto il suo trionfale momento. Guardò gli occhi ancora vivi e profondi dell´essere antico e si fermò un attimo a contemplare l´antico orgoglio del Re.
Fu un grave errore per lui. Khjar aveva infine terminato di mescolare il suo intruglio; rapido come non era mai stato, si avvicinò al suo sire e gettò una fine polvere sul corpo poderoso. Il pulviscolo impalpabile si incendiò in una fiammata istantanea. Larsyen si voltò di scatto ed i suoi occhi si spalancarono per il terrore. Con un ultimo gesto convulso alzò la lama e, con tutte le sue forze, la diresse verso il cuore del drago. Ma, ormai, era troppo tardi. Il grosso corpo tremò, si dimenò e si rialzò con vigore inatteso. Il guerriero perse l´equilibrio ed il peso della spada lo fece barcollare indietro.

Per un attimo Larsyen non vide che oscurità, poi, in un rombante ruggito, il drago si gettò su di lui. Dalle fauci spalancate scaturiva fumo rossastro. Le ali consunte ma ancora possenti sferzavano l´aria. Gli artigli lunghi ed affilati si avvicinavano veloci. Gli occhi profondi e dallo sguardo lontano fissavano l´uomo paralizzato dall´orrore.
Infine l´orgoglioso guerriero terminò i suoi brevi giorni ed il drago vecchio e stanco contò l´ultima delle sue cicatrici e riprese ancora possente ed invincibile la sua esistenza nella cuore dell´infinita foresta di Jugh!