sabato 19 luglio 2014
Vagava leggera
Vagava leggera e quasi senza meta, accarezzando la terra; profumi colmavano il vento che veniva e andava, portando messaggi lontani, che si appoggiavano come polvere del tempo sulle sue spalle. Superò due grandi querce che si stagliavano paciose come guardiani del mare e dopo, la polvere del vento si mischiò al fresco alito del mare. La collina, imperlata da spuntoni di liscia roccia raschiata e cullata, spezzata e modellata, declinava ora leggera verso la mormorante distesa d’acqua. E lei, camminava sempre più leggera. Teneva gli occhi appena socchiusi e ben presto, sentì sotto i piedi una soffice sabbia tiepida, che cedeva arrendevole. Di fronte, poco lontano, oltre appena una striscia di gorgogliante mare, scaturivano, come sorrette da piloni maestosi, frastagliate ed imponenti isole primordiali, modellate su grezza roccia che narrava di infiniti aliti e bufere, che celava voci e suoni poderosi ma raccolti, che accoglieva pallidi bagliori di esistenza, che urlava dritta nel suo petto, un richiamo irresistibile e lei, leggera e sinuosa, si fermò sul ciglio di quella premurosa spiaggia, ed aprì bene lo sguardo dritto e deciso, ricettivo, verso quelle meraviglie sul mare.
domenica 6 luglio 2014
Sole d'inverno
“Statale 191. Codice525”, gracchiò l'autofono. Sul display al centro del cruscotto iniziò a lampeggiare a grandi caratteri rossi il numero 525; pochi istanti e satvo guidando veloce fra le colonne della sopraelevata. Osservai il RadCom per verificare la posizione delle pattuglie nelle vicinanze; sarei arrivato per primo. Inclinai di pochi gradi la cloche ed entrai nel veloce traffico della 191 facendomi largo con l'aiuto dello stridulo suono della sirena. In breve scorsi una piccola Mazda Demon rovesciata.Al lato del portellone un uomo tremante reggeva saldamente qualcosa, proteggendolo dalle insistenti attenzioni di due uomini con lunghi cappotti neri; ognuno teneva in mano uno strano bastone terminante con un'affilata punta. L'uomo accanto alla Mazda cercava di ritrarsi terrorizzato, mentre un rivolo di sangue colava dalla sua guancia. Per un attimo si volse verso i due aggressori che non sembravano essersi accorti del mio arrivo.
Il maiale
La fredda serata stava volgendo al termine, ammantando i verdi prati di un'umida patina luminosa. Gli stomachi borbottavano rumorosamente. Isegrim osservò triste la loro unica preda della giornata: un piccolo e rinsecchito coniglio bianco. Forse cone quel po di erbe che avevano trovato nei pressi del laghetto, almeno poteva diventare saporito. Così si rassegnarono al magro pasto e iniziarono a raccattare un po di legna per accendere il fuoco. Il buio stava scendendo veloce. Anche con le migliori intenzioni non avrebbero scorto più un bufalo neanche a pochi passi.
Un tavolo consunto
Solitario nella sera, finalmente rinfrescante, segnava sicuro e deciso con la vecchia penna intinta nella china sugli spessi fogli di pergamena. Ormai era un grosso tomo che era poggiato sul legno brunito dal tempo, dopo tutto quel tempo in cui stava rendendo conto della storia, delle tradizioni, degli avvenimenti, delle creature e dei popoli della sua terra.
Loro ci sono
Uscimmo quando ormai il sole era tramontato da più di quattro ore; avvolti nei nostri leggeri cappotti, ci avviammo, illuminati dalla luce artificiale dei lampioni mentre un freddo e fastidioso vento faceva ondeggiare sinistramente gli alberi ed i bassi cespugli che si perdevano nell'oscurità. Ben presto lasciammo la strada asfaltata per inoltrarci nella bassa vegetazione che ricopriva le colline ondulate. Con un fugace sguardo osservammo la casa da cui eravamo usciti, di fronte alla quale un'alta mimosa fronteggiava la gelida breccia.
L'essere trasparente
L’aria era immobile. Nessun odore. Lontano sentivano solo il cupo rombo della metropoli ormai lontana. Solo i loro passi leggeri scricchiolavano nella stradina attorniata da fitti cespugli che si protendevano, gettando fitte ombre, verso di loro. Camminarono per un’altra ora e oramai il rumore lontano della città era scomparso. Solo il flebile soffio di un’umida brezza faceva frusciare i rami contorti degli ulivi. Le foglie fremevano.
Il mondo è loro
Non erano passati che cinque giorni da quando, la prima volta, avevano lasciato la casa diretti verso l'ignoto ed erano scampati a quella che sembrava la loro fine come inquilini di questo mondo, vecchio e logoro; ne erano usciti fuori più vivi che mai, come esseri che si nutrivano delle loro stesse paure. Ed ora, nuovamente avevano fame di cose strane e sconosciute.
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